Starve Acre è un horror molto “british”, che prende spunto dal folklore locale per raccontare una storia tragica in cui il male si rivela in modo subdolo e sottile, lontano dalla spettacolarità a volte eccessiva di molti romanzi statunitensi.
Non ancora tradotto in italiano, è il terzo romanzo di Andrew Michael Hurley, dopo Loney e Il giorno del diavolo. Chi ha letto la mia recensione de Il giorno del diavolo sa che ho adorato la scrittura di Hurely, l’ambientazione, la “leggerezza” della trama che lasciava all’atmosfera il compito di creare la tensione e l’inquietudine che si cercano in un horror.
Anche in quest’ultimo romanzo la scrittura è di ottimo livello e l’atmosfera la fa da padrona, ma purtroppo l’ambientazione più ristretta mi è risultata meno affascinante. Tutta la vicenda si sviluppa fra la casa dei Willoughby e l’appezzamento di terreno sterile al di la della strada, dove secoli prima cresceva un’enorme quercia di cui non rimane più traccia se non in alcune stampe antiche che Richard Willoughby trova dentro lo studio del padre morto folle alcuni anni prima.
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