Jagannath: dolci incubi svedesi

Jagannath: dolci incubi svedesi

Tempo fa avevo acquistato Jagannath (e Amatka)  di Karin Tidbeck incuriosito dagli elogi che le riservava China Mieville (L’uomo del censimento), uno dei miei autori preferiti in assoluto . Come spesso accade il libro era rimasto lì nella pila infinita delle prossime letture, pressoché dimenticato, finché non l’ho rivisto a Stranimondi nello stand di Safarà (editore che merita grande attenzione anche per una serie di altri libri estremamente interessanti).

Ho scelto di iniziare da Jagannath, perché è una raccolta di racconti, un formato che amo particolarmente, perché costringe l’autore a distillare il meglio della propria scrittura in poche pagine e permette al lettore di farsi rapidamente un giudizio sulle capacità e lo stile dello scrittore.

È una raccolta di tredici racconti, in bilico fra fantascienza, dark fantasy, weird e horror. Una cosa che colpisce sono le atmosfere, specialmente nei racconti “rurali” si percepisce una particolare ambientazione fatta di natura, folklore, nostalgia ottimamente veicolata.

I racconti ispirati al folklore nordico tendono forse ad assomigliarsi troppo fra loro, sono piacevoli e ben scritti, ma un po’ ripetitivi, mentre quelli che vi si discostano maggiormente sono i più interessanti e innovativi.

È anche vero che i primi sono anche quelli in cui l’atmosfera di cui parlavo prima diventa un tratto distintivo e portante dei racconti stessi.

Alcune lettere per Ove Lindström”, “La signorina Nyberg e io”, “Il villaggio vacanze di Brita”, “La montagna delle renne” e “Marmellata di mirtilli” sono tutti racconti in qualche modo collegati,  se non al folklore nordico, a un certo modo di percepire il mondo che si può riscontrare anche in altri autori del nord e non mi riferisco solo a scrittori di genere fantastico. Personalmente considero il migliore fra loro proprio il primo, “Alcune lettere per Ove Lindström”. Sono tutte storie in cui è presente un mondo “altro”, un mondo in cui la magia è possibile e che in qualche modo può entrare in contatto con il nostro mondo. Ma non è il mondo delle divinità eroiche, non ci sono Thor, Odino e il resto del pantheon nordico, è un modo abitato da creature simili a elfi o fate, o piccoli gnomi, quel tipo di creature che abitano da sempre i sogni e le fantasie del mondo rurale.

“Pyret” è scritto nella forma di un saggio scientifico su una creatura misteriosa capace di assumere molte forme.

“Beatrice”, “Rebecka”, “Herr Cederberg” e “Chi è Arvid Pekon?” sono racconti quasi alla Black Mirror.

“Augusta Prima” e “Zie” sono storie di un reame crudele e affascinante, abitato da creature magiche e governato da leggi differenti da quelle del nostro mondo.  Sono due racconti bizzarri e crudi, in particolare il secondo, ma entrambi a loro modo hanno a che fare con lo scorrere del tempo.

“Jagannath”, il racconto che dà il titolo alla raccolta è anche il pezzo migliore e quello più strettamente fantascientifico, pur sempre con una notevole dose di bizzarria. 

Il giudizio è senz’altro positivo e l’autrice dimostra sia di saper costruire storie attorno a idee strane e intriganti, sia di saper tessere atmosfere inquietanti e surreali che avvolgono il lettore come le nebbie che nascondono e a tratti svelano la magia.



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