The Sunken Land Begins to Rise Again

The Sunken Land Begins to Rise Again

The Sunken Land Begins to Rise Again di M. John Harrison è uno di quei romanzi che non ti lasciano mai o che tu non riesci mai a lasciare. Ti entra dentro la testa e continui a ripensarci. E ogni volta ti sembra di vedere le cose in modo un po’ differente, alcune idee si ricollegano in modo diverso e l’intera struttura cambia forma.

È uno di quei libri in cui la qualità letteraria della prosa si accompagna alla qualità delle idee da cui prende origine la storia. E queste stesse idee si collegano all’esterno, come i tentacoli di un Kraken o, meglio ancora, come i fili di una ragnatela ad altre idee e ad altri autori.

Difficile dire se si tratti di fantascienza o di qualcos’alto, preferisco la definizione più ampia di Speculative Fiction, anzi in questo caso di Literary Speculative Fiction, che invece di chiudere dentro un genere con barriere troppo rigide permette maggiore libertà all’autore e anche ai lettori. Lo stesso Harrison ha dichiarato che la sua letteratura nasce in parte come sfida contro le limitazioni dei generi.

Con questo romanzo Harrison ha vinto il Goldsmiths Prize 2020 for innovation in fiction. Diversamente dalle opere vincitrici delle scorse edizioni, The Sunken Land Begins to Rise Again non adotta una forma di narrazione bizzarra, è un romanzo tradizionale, con capitoli, paragrafi e frasi come da tradizione. Ma come lo stesso Harrison dice alla consegna del premio:

I think there are so many different ways to be innovative, and in fact the attempt to define them would be a limitation in itself. There shouldn’t be any limits.

M. John Harrison

Penso che ci siano così tanti modi diversi di essere innovativi, e di fatto il tentativo di definirli sarebbe di per sé un limite. Non dovrebbero esserci limiti.

M. John Harrison – trad. mia

Ora, sappiamo che i premi letterari non sempre vengono vinti dai libri che meritano, troppo spesso entrano in gioco motivazioni “altre” rispetto alla qualità del testo. Ma in questo caso il giudizio del presidente dei giudici Frances Wilson non ci sembra esagerato.

M. John Harrison has produced a literary masterpiece that will continue to be read in 100 years time, if the planet survives that long.

M. John Harrison ha prodotto un capolavoro letterario che continuerà ad essere letto anche fra cento anni, se il pianeta sopravviverà così a lungo.

Non essendo io di madrelingua inglese, probabilmente non afferro tutte le sottigliezze linguistiche, ma certamente leggere Harrison ti riconcilia con la buona scrittura e ti permette di mettere una pietra tombale sull’affermazione fin troppo ripetuta, che una buona scrittura inglese è fatta di frasi brevi, niente incidentali, poche frasi composte o complesse. Harrison è un maestro della scrittura, e se il suo inglese risulta talvolta difficile, vale comunque la pena sforzarsi di decifrarlo.

La storia è narrata seguendo le vicende blandamente intrecciate di due personaggi: Shaw, un uomo sulla cinquantina, uscito da una crisi esistenziale e che cerca di rimettere assieme i pezzi della propria vita e Victoria, una donna dalla situazione quasi altrettanto caotica. Si incontrano, si frequentano per alcuni brevi momenti, stanno assieme senza mai stare davvero assieme, si lasciano senza mai davvero lasciarsi. Entrambi finiscono coinvolti in una serie di eventi bizzarri, collegati a una strana razza acquatica di umanoidi verdi che si starebbe diffondendo in Inghilterra. Ma nonostante entrambi siano testimoni di eventi inspiegabili, trascinano le loro vite senza rendersi mai conto di quanto accade tutto attorno, talmente rinchiusi su se stessi da non prestare davvero attenzione a nulla al di fuori di loro.

I temi del romanzo sono l’incapacità di prestare attenzione, di guardare e di ascoltare piuttosto che limitarsi a vedere e sentire, e l’incapacità di comunicare. Shaw e Victoria non riescono a comunicare fra loro, del resto non avrebbero molto da dirsi, perché incapaci di vedere l’altro, incapaci di comprenderlo e privi della voglia di tentare.

Vi sono echi lovecraftiani nel romanzo, non solo per la presenza (forse) degli umanoidi acquatici, ma soprattutto per l’incapacità dei protagonisti di afferrare la realtà che li circonda e che genera un sentimento analogo all’orrore cosmico del “Solitario di Providence”, ma che, a differenza di questo, non è orrore, ma confusione, disorientamento cosmico, incapacità e mancanza di volontà di comprendere. Shaw e Victoria non riescono a provare l’orrore cosmico perché non hanno la consapevolezza necessaria, sono sempre un passo indietro, riescono a malapena a provare un po’ di stupore, ma sono troppo bloccati in se stessi, troppo disinteressati al mondo esterno per diventare davvero consapevoli.

Non so quanto M. John Harrison possa essere stato influenzato dalla lettura dei saggi di Mark Fisher, o se in qualche modo possa essere avvenuto il contrario, ma è certo che la più recente produzione di Harrison rappresenta una delle più perfette illustrazioni dei concetti sviscerati da Fisher in Spettri della mia vita e in The Weird and the Eerie.

L’Inghilterra è anch’essa, a suo modo, protagonista del libro, ma è un’Inghilterra infestata da spettri. Non si tratta però di quegli spettri che infestano i castelli diroccati, ma di spettri come quelli descritti appunto in Spettri della mia vita, riprendendo il concetto teorizzato da Jacques Derrida. Spettri sociologici, politici e culturali, spettri sia di un passato che in qualche modo influisce ancora sul presente e spettri di un futuro non ancora arrivato, ma che che già agisce nel presente. Su tutto, infatti, aleggia sia lo spettro del tatcherismo e la disintegrazione sociale che ha provocato, sia lo spettro della Brexit e dei danni che provocherà.

Allo stesso modo vi è molto weird dentro la storia e moltissima eeriness. Il weird è costituito dagli strani eventi che accadono, ma viene privato della sua forza dalle menti ovattate di Shaw e Victoria. Il weird, infatti, per essere tale, almeno secondo la definizione di Fisher, dev’essere qualcosa che è presente, nonostante la sua impossibilità e deve essere riconosciuto come tale. Dev’essere qualcosa di dirompente, qualcosa che scombina i parametri della realtà, come un pezzo bizzarro in un puzzle, un pezzo che non rientra nello schema, eppure c’è e ti costringe a disfare tutto per cercargli una collocazione. Ma i due protagonisti del romanzo non riescono a rimanere sufficientemente turbati dagli eventi che scorrono loro accanto senza scalfirli davvero.

L’eeriness è ovunque, nell’atmosfera straniante del Shropshire, dove Victoria si trasferisce, ma anche in quella della riva del Tamigi, nell’ufficio su una casa galleggiante dove Shaw trova lavoro, o nella casa della medium da cui si reca ogni settimana.

Un altro filo è quello che collega Harrison a China Mieville e così alcune atmosfere di The Sunken Land Begins to Rise Again non sono lontane da quelle di un romanzo, per altri versi totalmente differente, come L’uomo del censimento; allo stesso modo i romanzi del Bas Lag (Mieville) e quelli del Fascio Kefahuchi (Harrison) hanno dei punti in comune, non tanto nelle vicende o nella struttura, quanto nelle idee che permeano entrambe le serie narrative. Del resto Mieville ha sempre detto di considerare Harrison fra gli autori che l’hanno influenzato e ha avuto per lui parole di elogio molto forti; Harrison, d’altro canto, ha coniato il termine New Weird proprio per definire i romanzi di Mieville, usando per la prima volta tale espressione nella prefazione di The Tain.

Non so se The Sunken Land Begins to Rise Again avrà mai una traduzione italiana. Purtroppo il mercato editoriale compie spesso delle scelte che privilegiano letture più facili, ma sicuramente meno soddisfacenti, anche se alcuni editori coraggiosi cercano di portare nelle nostre librerie i libri che meritano e non solo quelli che vendono di più.

Aggiornamento: The Sunken Land Begins to Rise Again è ora disponibile in italiano con il titolo Riaffiorano le Terre Inabissate pubblicato da Edizioni Atlantide. Aggiorno volentieri il post, perché in verità non mi aspettavo di vedere la traduzione italiana in tempi così brevi. Onore al merito ad Atlantide Edizioni che ha compiuto questa scelta di tradurre un libro particolare.

Purtroppo M. John Harrison è un autore difficile e così non c’è un’edizione italiana nemmeno del precedente You Should Come With Me Now: Stories of Ghosts, una raccolta di racconti che meriterebbe sicuramente di essere letta e apprezzata e a cui dedicherò prima o poi una recensione.



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