l’IA e io
«Come fai a startene lì tranquillo? Questa cosa ci travolgerà tutti. Ci sta già rovinando la carriera.»
Sollevai una palpebra, solo quel tanto per assicurarmi che non compisse qualche atto disperato e mi rimisi più comodo sul divano. «A parte che non abbiamo nessuna carriera, né tu né io, questa cosa, come dici tu non rovinerà proprio niente.»
«Ah no?» Paolo parlava camminando avanti e indietro per la stanza in un modo che trovavo particolarmente fastidioso. «Guarda, basta che vai su internet, è ovunque. Tutti parlano di intelligenza artificiale. Fino all’altro giorno era una cosa innocua, un gioco da nerd sfigati, cose che macinavano montagne di dati per poi riuscire a malapena a distinguere un gatto da un cane. Adesso si parla solo delle intelligenze artificiali che dipingono, che scrivono libri, che fanno di tutto.»
Risollevai la palpebra, non avevo nessuna intenzione di intervenire finché non si fosse calmato un po’, ma si stava pericolosamente aggirando vicino al mio computer e temevo che la sua furia luddista si scatenasse contro il mio portatile, a mio parere totalmente incolpevole vista la sua totale mancanza di intelligenza.
«Sai che hanno pubblicato una rivista scritta interamente da un’intelligenza artificiale?»
Annuii. «Può essere, pubblicano un sacco di cazzate. Una più, una meno.»
«Voglio vedere quando non accetteranno più i tuoi racconti se starai così calmo.»
Sospirai e ostentando una certo sforzo mi alzai dal divano e sedetti al computer. «Prendi una sedia e vieni qui. Ho fatto qualche prova con “PowerfulTalker”. È l’IA di cui parlano tutti. Ti faccio vedere e ti spiego come funziona.»
Accesi il computer e aprii alcune finestre nel browser. «Ho usato l’inizio di un mio racconto per vedere come l’IA l’avrebbe terminato. Rifacciamo la stessa cosa adesso. Prendo i primi due paragrafi. »
Copiai il testo e lo incollai nel form di dialogo con il motore di IA.
Il dottore indossa sovente un cappello di feltro, scuro, ma non nero. Ha tre cappelli, uno blu molto scuro, uno bordeaux, anch’esso molto scuro e infine uno verde, ovviamente molto scuro. Sono così scuri da risultare indistinguibili, anzi all’atto pratico si potrebbe dire che sono neri. Tuttavia il dottore considera la pratica una versione impura della teoria ed è quindi molto puntiglioso sulle tonalità quasi nere dei suoi cappelli.
Il suo calesse è sempre pronto. Spesso lo chiamano per qualche emergenza; lo stalliere attacca il cavallo nel breve tempo che serve al dottore per prepararsi e rimane in attesa con le redini in mano. Il dottore si precipita sul calesse e fa correre il cavallo senza risparmio.
Dopo un attimo l’IA rispose:
Il calesse corre veloce verso la destinazione, le ruote rimbalzano sulla strada sterrata e il vento soffia forte sul cappello del dottore. La gente si affretta a farsi da parte, facendo segno al dottore di passare. Il cavallo respira affannosamente, ma il dottore sa che è il più veloce e robusto di tutti. Quando finalmente arriva a destinazione, il dottore scende dal calesse e si dirige verso la persona bisognosa del suo aiuto, pronto a mettere in pratica tutta la sua preparazione e competenza per risolvere il problema.
«Allora? Ti sembra interessante? Ti sembra qualcosa di cui dovrei preoccuparmi?»
Paolo di grattò la testa. «Mmmm, no, in effetti no.»
«Aspetta, ti faccio un altro esempio per farti capire come funziona l’AI.»
Digitai la frase:
Non sempre si tratta di emergenze gravi, ma essere un dottore in
Un istante dopo comparve la risposta:
questo campo richiede comunque una grande preparazione e responsabilità.
«Vedi? L’IA non si sbilancia. Non è in grado di immaginare in quale campo sia specializzato il dottore e allora scrive una frase che possa andare bene sempre. L’IA non è altro che un sistema statistico. In base alle parole precedenti calcola qual è la parola che apparirà con maggiore probabilità. Non inventa, non immagina, non sa.»
Paolo continuava a mordicchiarsi il labbro, lasciai che digerisse i concetti con calma. Sapevo che la parola statistica era in grado di cancellare tutta la magia dell’intelligenza artificiale.
Si sporse verso lo schermo per rileggere con attenzione il testo. «E nel tuo racconto come completavi la frase?»
Gli mostrai il testo del mio racconto.
Non sempre si tratta di emergenze gravi, ma essere un dottore in matematica richiede comunque una certa abnegazione, senza contare che può capitare di venire interrotti durante la colazione o altri pasti altrettanto importanti e piacevoli.
«Aspetta, è sempre lo stesso racconto? Quello del dottore che viene chiamato per le emergenze?»
«Esatto. Proprio lui. L’IA non avrebbe potuto immaginare un dottore in matematica che deve correre per le emergenze. La probabilità che si stia parlando di un matematico è estremamente bassa. Ma se sono io a dirglielo allora è in grado di inserire l’informazione nelle sue risposte. Quando ti ho mostrato il primo pezzo di testo non ti ho mostrato come proseguivo, ma solo come ha completato il testo l’IA. Io non parlavo più del calesse, invece scrivevo così.»
L’ultima volta si è trattato di Lord Moorpenstaber; era alle prese con un integrale particolarmente complesso e senza l’aiuto del dottore non avrebbe potuto certamente risolverlo. Pochi giorni prima il duca di Chaternaul soffriva di un blocco correlato a un difficile problema di geometria non eculidea.
«Ora digitiamo anche questo paragrafo e poi chiediamo all’IA di completare nuovamente la frase. Vedrai che la sua risposta cambierà. L’inizio della frase è il medesimo.»
Non sempre si tratta di emergenze gravi, ma essere un dottore in
Immediatamente l’IA rispose:
questo campo richiede comunque una grande preparazione e competenza in molte discipline matematiche.
«Ma sono stato io a dirle che si trattava di un matematico, non è una sua idea, non l’ha immaginato. E comunque la sua frase è piuttosto legnosa, non è interessante.»
Paolo si alzò e ricominciò a passeggiare per la stanza. «Statistica dici?»
«Esatto. Statistica complicata, con un numero enorme di parametri che vengono presi in considerazione, ma pur sempre statistica. Ha solo immagazzinato una quantità enorme di dati e da lì parte per generare nuovi testi.»
«E non facciamo anche noi la stessa cosa? Non ci basiamo su quanto abbiamo letto finora per inventare le nostre storie?»
«Sì e no. Sì, anche noi ci basiamo su quanto sappiamo, su quanto abbiamo assorbito. Ma non funzioniamo in modalità statistica. Te l’ho appena dimostrato. Noi rielaboriamo i concetti. Non sappiamo ancora bene come questo avvenga e finché non sapremo come funziona la nostra mente sarà poco probabile riuscire a creare una mente artificiale pensante. Ma noi in qualche modo assorbiamo e trasformiamo le cose che vediamo, che leggiamo, tutto quello che colpisce i nostri sensi.»
«Vuoi dire che le IA non potranno mai scrivere come noi?»
«Non ho detto mai. Ho detto solo che per il momento puoi stare tranquillo.»
Note al racconto. Gli input forniti all'IA e le risposte ricevute sono il frutto di un reale test effettuato utilizzando ChatGPT. La descrizione del funzionamento dell'IA è ovviamente ipersemplificata, ma è vero che il tutto si basa su un calcolo statistico delle probabilità.