l’orologio

l’orologio

“Dave! Un pacco per te.”
“Arrivo, grazie.” rispose alzandosi dalla scrivania. Un corriere stava uscendo dalla porta lasciando il suo collega Paul a fissare con la fronte aggrottata il pacco che si rigirava fra le mani. “Ancora Amazon. Di un po’: che ti prende? Ogni giorno arriva qualcosa per te, nemmeno la mia ragazza ordina così tanta roba su internet!”
David si mordicchiò il labbro, prese il pacco e senza dire nulla iniziò a scartarlo tornando verso il suo ufficio. Si sedette e rimase a fissare a lungo il contenuto. Sentì bussare alla porta e Paul entrò senza attendere risposta.
“Una guida di Londra?” chiese inarcando le sopracciglia. “Che te ne fai di una guida della città?”
“Questa non è una guida come le altre.” rispose David appoggiandola a lato della tastiera del suo computer.
“Ok.” Paul si sedette nella sedia di fronte, rimase un attimo senza parlare, poi riprese: “Non è che hai qualche problema? Da un po’ di giorni non fai che startene rintanato nel tuo ufficio con la porta chiusa. E poi tutti questi pacchi da Amazon che apri in segreto. Non voglio farmi i cazzi tuoi, lo sai, ma se hai bisogno di parlare, sono qui.”
David si alzò e chiuse accuratamente la porta, poi tornò a sedersi fissando lo schermo. Avvicinò la sedia alla scrivania, si piegò in avanti verso Paul e aprì la bocca per dire qualcosa, poi ci ripensò, prese la scatola vuota con scritto Amazon e la lanciò a Paul.
“Ti capita mai di essere su un sito web, uno qualsiasi, poi alzi lo sguardo sulle pubblicità di Amazon e vedi che ti propongono proprio quello che avevi in mente?”
“Si, certo, sono bravissimi in queste cose. Capita a tutti comunque.”
“Lo so, ma a volte non ti sembra che ti conoscano troppo bene? Che sappiano prima di te quello che stai cercando, quando magari tu non te ne rendi nemmeno conto?”
“Non esagerare, però si, a volte ci azzeccano proprio bene. E allora? È per questo che ti arriva tutta questa roba? Non sei mica obbligato a comprare tutto quello che ti offrono.”
“Aspetta, ascoltami. Ti capita mai invece di ricevere delle offerte che non c’entrano niente con te? Delle cose che ti vien da dire che proprio non hanno capito un cazzo dei tuoi gusti? A me succede e quando capita mi dico che quei coglioni con tutti i loro algoritmi intelligenti, le correlazioni, la semantica, alla fine non hanno ancora preso possesso della mia mente.”
Paul lo guardò: “Capita anche questo. Non ne faccio una faccenda così personale però. Cazzo Dave sei un programmatore, non starai diventando luddista. Lo sai che raggranellano un sacco di dati su di te, lo fa Amazon, lo fa Google, lo fanno tutti, poi li usano per vendere meglio e farti le pubblicità mirate. Magari la cosa non mi rende felice, ma chissenefrega?”
“No, no, non è questo che volevo dire, questo non c’entra, era per darti il quadro della cosa. Qualche giorno fa mi sono messo a cercare un orologio, di quelli che piacciono a me, tipo il Casio o il Suunto, quelli con bussola, altimetro e solite cose. Insomma cerco su Amazon e come prima proposta mi esce,” David porse una scatoletta a Paul. “questo.”.
Paul prese la scatola, un piccolo cofanetto di pelle con gli angoli rinforzati in ottone che gli ricordava i bauli degli esploratori nelle illustrazioni dei libri che leggeva da ragazzo. All’interno, posato sul velluto blu c’era un orologio da taschino in oro. Paul scoppiò a ridere.
“Perché cazzo hai comprato questo coso? Non mi dirai che l’hai fatto solo per confondere le idee ad Amazon! Quanto ti è costato?”
“Quattrocento sterline.”
“Quattrocento? Ma sei fuori? Che cazzo te ne fai? E poi che altro ti sei comprato? Ti ha dato di volta il cervello?” Paul si guardò attorno cercando di scoprire quali altre cose assurde fossero arrivate nei pacchi targati Amazon che erano stati recapitati in ufficio in quei giorni.
“Sta’ buono. All’inizio ho pensato che fosse proprio uno di quei casi in cui Amazon aveva sbagliato di grosso e mi sono messo a ridere. Poi però mi sono incuriosito, volevo capire perché mi veniva proposta una cosa di quel genere. La risposta era molto più semplice di quanto possa sembrare. Quello è esattamente il tipo di prodotto che stavo cercando. Dopo qualche attimo che lo guardavo mi sono sentito così attratto da quell’orologio che mi sembrava di averlo desiderato da sempre.”
Paul lo fissò senza parlare, le sopracciglia inarcate e le rughe sulla fronte era però estremamente eloquenti.
“Leggi il foglietto nella scatola, è in tedesco, ma c’è anche l’inglese.”
Paul prese dalla scatola un foglio stampato con un carattere corsivo, elegante e preciso, e iniziò a leggere traducendo: “-Dotato di bussola e altimetro il cronografo Zimmermann, frutto della migliore tecnologia tedesca rappresenta in ogni sfida il perfetto compagno per i moderni avventurieri. Elegante e preciso, la sua personalità inconfondibile renderà unico il vostro stile, tanto in una serata mondana quanto sulle vette delle montagne o nelle jungle più insidiose. Totalmente impermeabile e sigillato, non teme né il gelo dei poli né il calore dei deserti. La precisione assoluta…- Ok, fanno un sacco di pubblicità e si divertono a giocare agli esploratori e allora? C’è sempre qualche nostalgico che va matto per queste cose, non capisco dove vuoi arrivare.”
“Prendi l’orologio, guardalo bene.”
Paul sospirò, poi prese il grosso orologio dal suo alloggiamento di velluto e lo tenne in mano: “È bello grosso.” Sul coperchio era inciso uno stemma con due scritte circolari in latino separate da una marchio <Hic et nun> e <Estote parati>.
“Aprilo.”
Paul fece scattare la molla che apriva il coperchio dell’orologio mettendo in vista il raffinato quadrante, lancette dorate indicavano le ore contrassegnate da cifre romane, mentre una serie di quadranti secondari, alcuni piuttosto misteriosi, si affollavano uno accanto all’altro.
“A suo modo è proprio bello, non dico di no anche se io non gli avrei dato 400 Sterline. Cosa indicano tutti questi cosi?”
“C’è un secondo fuso orario, le fasi lunari, le 24 ore, e il barometro. Se apri dietro trovi la bussola all’interno del coperchio posteriore. Aprilo e guarda la meccanica.”
Paul fece scattare il coperchio posteriore, al cui interno si trovava la bussola, il corpo dell’orologio era protetto da un vetro che lasciava a vista i meccanismi.
“Non ci capisco niente, l’ultimo orologio meccanico che ho visto era quello di mio padre che me lo mostrava da bambino, questo mi sembra più o meno la stessa cosa.”
“Guarda meglio. Come lo carichi? C’è la vitina per regolare l’ora, ma non carica la molla. Questo è un orologio meccanico, ma a carica elettrica. C’è un motorino che ricarica la molla, viene avviato dalla molla stessa quando è scarica e si ferma quando la molla è ricaricata. Succede circa una volta al giorno. Adesso guarda la pila.”
“È un po’ strana, ma è strano anche che qualcuno voglia un orologio da taschino al giorno d’oggi. Di che ti lamenti.?”
“Non è solo strana. Una batteria di quella dimensione e con quelle proporzioni non esiste proprio. Ho cercato su internet, le batterie sono standard, ce ne sono di mille tipi, ma quelli sono. Questa qui, beh non esiste.” David fece una pausa poi proseguì con un sorriso imbarazzato: “Non qui da noi per lo meno. Un’ultima cosa, leggi la scritta sul retro.”
“Zimmermann 1886, im Großherzogtum Sachsen gebaut” Paul lo fissò con aria interrogativa.
“1886 immagino sia l’anno di fondazione della fabbrica Zimmermann, il resto vuol dire, <costruito nel Granducato di Sassonia>.”
Paul scoppiò a ridere: “Se dei tizi costruiscono delle imitazioni di vecchi orologi non ci trovo niente di strano che si inventino delle cazzate da scriverci su. Sei incappato in qualche fabbrica che produce oggetti per nostalgici, hai buttato un bel po’ di soldi, fattene una ragione.”
“Il punto è questo, non è un’imitazione di un vecchio orologio. Se ti diverti a fare l’originale puoi trovare orologi da taschino al quarzo per poche sterline, se vuoi spendere di più ci sono quelli meccanici. Ma questo non è un orologio di fine ‘800 o una sua imitazione. Ho provato a cercare su Google, ho confrontato i pezzi, questo assomiglia a tutti gli altri orologi meccanici, ma è diverso in una serie di modi sottili. I meccanismi sono un po’ diversi, la costruzione è tutta originale, è un orologio moderno, è un’evoluzione dei vecchi orologi, non li imita.”
“Se stai cercando di convincermi a ricomprartelo lascia perdere.” disse Paul.
“Uff, non capisci. Lasciami continuare. Dopo aver comprato l’orologio le pubblicità di Amazon si sono orientate in una direzione piuttosto strana. Cercavo una giacca a vento per andare a sciare e, guarda.” David prese dall’armadio un parka di colore grigio, pieno di tasche, bottoni di metallo e lacci. “Il tessuto direi che è cotone, però è trattato in modo particolare, è impermeabile, resistente. Ma anche questo è lievemente diverso da qualsiasi tessuto mi sia capitato di vedere.”
“Ok, stai cercando di impressionarmi. Hai comprato un po’ di cianfrusaglie da qualche negozio di costumi e adesso vuoi fare il misterioso. Non ci casco.”
“Quello che sto cercando di dirti è che non sono costumi. Un costume si limita a fingere una funzionalità, queste sono cose che funzionano davvero! Sono tutte cose funzionali, normali, vere, ma…” David si interruppe guardando la copertina della guida di Londra. “non qui.”
“Non qui cosa vuol dire? Non a Londra, non da noi, non in Europa, in occidente, cosa?”
David si risedette alla scrivania fissando Paul: “Quanto è complicata la rete? Quanto è intricata e complessa la gestione dei prodotti, dei negozi, degli ordini in Amazon?”. Mano a mano che parlava il suo tono diventava sempre più concitato, sgranava gli occhi e le guance prendevano colore. “E se a un certo punto la rete fosse così complessa da sfiorare certi confini e magari superarli? Pensa ad un mondo parallelo, in cui esiste qualcosa di analogo ad Amazon, un mondo diverso dal nostro, ma non troppo. Se le due reti fossero così complesse da superare il confine che divide i due mondi, prodotti messi in vendita da una parte potrebbero risultare visibili dall’altra.”
“Oddio, lo sapevo. Sei diventato pazzo.”
“Taci e ascoltami. Perché non potrebbe essere così? Cosa ne sappiamo noi di sistemi così complessi? Nessuno può sapere quanto è intricata la rete, un link ti porta da un sito ad un altro in un istante su server che magari sono ai capi opposti del globo, impulsi ottici ed elettrici che si inseguono, si sparpagliano, si riassemblano. Fotoni, cariche elettriche, usiamo cose che non sappiamo veramente come funzionano. E l’informazione quantistica? Sono cose che nessuno capisce veramente. Le usiamo perché fanno quello che ci serve, ma non sappiamo se fanno anche qualcos’altro allo stesso tempo.”
Paul si alzò dalla sedia e si avviò verso la porta: “Prima che tu diventi completamente matto ricordati che hai del lavoro da finire per questa sera. Piantala di dire cazzate e usa il cervello per qualcosa di più utile. La tua balla sui mondi paralleli è divertente, potrei perfino arrivare ad accettare l’idea di un passaggio di informazioni fra due universi paralleli in qualche modo collegati, ma tu hai lì un orologio e una giacca e penso che nemmeno tu possa inventarti un modo per far passare le cose di qua e di là.”
David rimase solo davanti al suo pc, prese la guida di Londra e con un sospiro iniziò a sfogliarla.
Si ritrovarono più tardi, davanti alla macchinetta del caffè per la consueta pausa pomeridiana. Paul assaggiò il caffè con una smorfia: “Non è che dal tuo mondo parallelo riesci a farti mandare un caffè decente? Questo fa schifo.”
“Non so,” rispose David dopo un attimo di riflessione. “non ho mai cercato caffè, ma probabilmente salterebbe fuori qualcosa di particolare.”
“Stavo scherzando.” Paul alzò gli occhi al cielo. “Non ho ancora capito se mi prendi per il culo o sei davvero convinto delle cazzate che spari. Allora dimmi, come fanno ad arrivare a te le cose prodotte nell’altro universo?”
David finì il caffè e gli fece cenno di seguirlo, chiuse la porta dell’ufficio, attese che Paul si fosse seduto e si accomodò a sua volta su una poltroncina bassa che usava ogni tanto per riposarsi. Guardò il soffitto come per cercare ispirazione: “Hai presente il gatto di Schroedinger?”
“Hmmm più o meno, ha a che fare con la meccanica quantistica no?”
“Si, esatto. In poche parole, nella meccanica quantistica le cose non sono necessariamente in un modo o in un altro, possono essere in uno stato indefinito che rimane tale finché un osservatore non le obbliga ad assumere un aspetto definito. Pensa ai fotoni, possono comportarsi da particelle o da onde, a seconda di come le vuoi vedere. Se usi un contatore di particelle trovi particelle, se fai passare luce fra due fessure vedi l’interferenza come accade con le onde.”
David si sedette al computer e digitò per qualche istante, poi girò il monitor verso Paul per mostrargli delle illustrazioni tratte da qualche sito scolastico.
”Non sono un fisico, ma più o meno le cose sono così: nell’esperimento del gatto si suppone che un gatto sia chiuso in una scatola con una fiala di cianuro, la fiala potrà aprirsi o restare chiusa in base al comportamento di una particella quantistica. Secondo quello che pensano alcuni fisici il sistema rimane in uno stato ibrido, con uguale probabilità che il gatto sia vivo o morto finché qualcuno non va a vedere provocando così quello che chiamano il collasso della funzione d’onda. Ma finché nessuno guarda il gatto è allo stesso tempo vivo e morto. Supponi che uno sperimentatore controlli e trovi il gatto morto, vuol dire che la particella si è comportata in un determinato modo, la funzione d’onda ormai è collassata e non c’è modo di cambiare le cose.”
“Il gatto vivo e morto allo stesso tempo mi sembra una cazzata delle tue, adesso capisco da dove ti vengono certe idee.” Paul si sporse per guardare meglio le nuove immagini che David gli mostrava sul computer.
“No guarda qui,” rispose David indicandogli un estratto da WIkipedia “c’è spiegato tutto. Dopo leggitelo se vuoi, ma intanto lasciami andare avanti.”
Si accomodò meglio sulla poltroncina e riprese: “Supponiamo che lo sperimentatore invece di fare il funerale al gatto richiuda la scatola e se ne vada a bersi una birra. Secondo la teoria il gatto ormai è morto, fine, ma se invece un secondo sperimentatore passasse di li poco dopo e non sapendo nulla di com’è andato l’esperimento aprisse la scatola e trovasse il gatto vivo? Supponi per un momento che in qualche modo il collasso della funzione d’onda non si sia propagato e che il sistema sia ritornato allo stato ibrido finché un secondo sperimentatore, magari più amante dei gatti non abbia aperto la scatola con la speranza di trovarlo vivo.”
“Questa è una tua fantasia o ne parlano su questi siti?”
“Diciamo che è una diversa interpretazione della meccanica quantistica.” David sorrise compiaciuto: “Bene, ora lascia stare il gatto e pensa a un pacco, uno come il mio orologio. Supponi che possa esistere in uno stato ibrido in entrambi gli universi. Io lo vedo su Amazon e lo ordino, senza sapere che appartiene a un universo alternativo, in qualche modo il mio ordine arriva li. Loro, quelli dell’altro universo non ci vedono nulla di strano, per loro è un oggetto comune, preparano il pacco, lo spediscono, a un certo punto viene depositato in un magazzino intermedio, poi se ne vanno e il pacco resta li. A questo punto il pacco perde interesse per loro, si aspettano che qualcuno lo vada a prendere dal magazzino per portarlo al destinatario. Ci sei fin qui?”
“Si, vai avanti, voglio sapere dove vuoi andare a parare. A volte mi fai paura, non capisco se sei un genio, un pazzo o un imbroglione.”
“Ok, il pacco è lì, abbandonato, immagina a questo punto che non essendoci nessuno che se ne interessi ritorni ad uno stato indefinito, con la stessa probabilità di esistere in entrambi gli universi. A questo punto qualcuno del nostro universo ha l’incarico di entrare in magazzino, prendere i pacchi giacenti e consegnarli. Lui si aspetta di trovare anche il pacco per me, non sa che c’è dentro un orologio, ma sa che ci deve essere un pacco per me. Il solo fatto di cercarlo fa collassare la funzione d’onda ed ecco che il pacco inizia a esistere nel nostro universo, come un qualsiasi altro normalissimo oggetto. Non gli resta che consegnarmelo ed il gioco è fatto.”
David smise di parlare e fissò Paul che rimaneva silenzioso, assorto. “Allora? Che ne pensi?” lo incitò.
“Cazzo, certo che la fai sembrare quasi una cosa possibile. Ora sono certo che sei matto, ma la fai davvero sembrare possibile.”
David prese la guida di Londra e iniziò a leggere: “Un tempo il panorama della città era tristemente famoso per la cappa di vapore perennemente sospesa nel suo cielo. Le centinaia di centrali destinate a produrre l’energia elettrica per le necessità urbane emettevano tonnellate di vapore che non riuscendo a disperdesi si trasformava in un’enorme nuvola incombente. Le più moderne centrali a recupero di vapore hanno portato quasi a zero l’emissione nell’atmosfera rendendo Londra la metropoli più vivibile del mondo, con il ronzio costante dei suoi veicoli elettrici e con il suo cielo blu perennemente solcato da aerostati e dirigibili.”
David girò il libro verso Paul mostrandogli una foto di Londra. La città era inconfondibile, ma le auto che ne intasavano le strade erano assolutamente bizzarre e nel cielo erano chiaramente visibili aerostati di varie fogge e dimensioni.
“Pensi che non abbia mai visto un foto ritocco?” brontolò Paul alzandosi. “Falla finita con questa storia, adesso mi dirai che anche la guida viene da, dall’altra parte. Beh non ci credo, non so quanto ci hai messo per architettare questo scherzo, ma non sono così fesso da cascarci.”
“Aspetta,” gli gridò dietro David. “non ti ho ancora detto la parte migliore! Se gli oggetti possono passare da un mondo all’altro perché non dovrebbero poterlo fare anche le persone? Chi fa collassare la nostra funzione d’onda? E se fossimo noi stessi con la nostra autocoscienza?” Paul se n’era andato, David si sedette e finì la frase parlando a se stesso: “E se fossimo in grado di risintonizzare la nostra mente e spostarci da un universo all’altro?”
Rimase fermo a lungo, con lo sguardo perso in una macchia di sole che filtrava dalle veneziane, riflettendo o forse sognando, finché l’ombra di una nuvola non oscurò il sole. Allora pigramente si alzò, accese la luce e si avvicinò alla finestra. Il cielo era limpido, non c’erano nuvole, e l’ombra che l’aveva riscosso dal suo torpore era quella proiettata da un enorme dirigibile pigramente ormeggiato sul palazzo di fronte.

Sonny O.
[Polvere] – 2014


Questo racconto è stato ispirato dall’orologio da taschino che continuava ad apparire fra le offerte di Amazon e dagli innumerevoli pacchi che vedevo transitare nel mio ufficio.



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