Horrorstör – incubo al centro commerciale

Horrorstör – incubo al centro commerciale

Horrorstör di Grady Hendrix è un libro molto particolare. Innanzitutto è strutturato come un catalogo IKEA, corredato di illustrazioni di mobili inventati, dagli improbabili nomi nordeuropei, ma soprattutto unisce satira, ironia e horror in un mix molto ben riuscito.

Nel superstore Orsk di Cleveland (Ohio) succedono fatti inspiegabili. Si tratta di uno degli innumerevoli magazzini di un’azienda che imita in tutto e per tutto il brand IKEA, con le stesse modalità di esposizione e vendita. Durante il giorno non ci sono problemi, ma ogni mattino il turno di apertura trova mobili danneggiati e vandalizzati. Specchi e piatti rotti, un materasso sventrato, un divano Brooka cosparso di un’innominabile sostanza organica.

Lo store manager Basil recluta due dipendenti, Amy e Ruth Anne per effettuare un turno di guardia notturno e scoprire chi vandalizza gli oggetti esposti. A loro si uniranno durante la notte Matt e Trinity, due dipendenti convinti che il negozio sia infestato e decisi ad avere successo in TV come cacciatori di fantasmi.

Il libro unisce satira sociale, ironia sul consumismo che diventa pungente nei confronti di quell’ottica che vorrebbe trasformare il lavoro in una missione sacra, umorismo e una buona dose di horror con un risultato ottimamente riuscito.

Quando l’horror entra in scena lo fa in modo decisamente più sostanzioso di quanto la prima parte del libro lasciasse immaginare, pur senza abbandonare mai le altre componenti della narrazione.

Basil è lo store manager che parla citando il manuale dell’azienda, Amy è insoddisfatta del lavoro e della vita, Ruth Anne è il suo opposto, sempre sorridente e disponibile, ma tutti riveleranno una certa complessità che va oltre le apparenze.

SPOILER ALERT


L’enorme magazzino che si trasforma in un luogo infestato è chiaramente un richiamo alla disumanizzazione del lavoro, ma il paragone diventa ancora più evidente quando si scopre cosa infesta quel luogo. Il centro commerciale sorge dove in precedenza vi era una prigione sperimentale, retta da uno psichiatra folle, convinto che la costrizione a ripetere azioni insensate e spossanti avrebbe curato i criminali. Le azioni ripetute all’infinito dai lavoratori si sovrappongono alle azioni ripetute a cui erano costretti gli ospiti del penitenziario.

La follia dello psichiatra è la stessa follia di un mondo in cui il lavoratore è un ingranaggio di un meccanismo molto più grande a cui è totalmente asservito.

Ma non preoccupatevi, la critica sociale e la presa in giro del consumismo non disturbano affatto una narrazione divertente e ben scritta che sa anche sprofondare in alcuni momenti di vero orrore.

Come ciliegina sulla torta, ad aprire ogni capitolo vi sono le immagini di mobili che si trasformano verso la fine della narrazione in veri e propri strumenti di tortura, anch’essi corredati di testo pubblicitario che ne mette in evidenza i pregi.



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