yes and thanks
È strano ripensarci ora, ora che si può fare un bilancio; pesare ciò che abbiamo perso e ciò che abbiamo guadagnato con la stessa cura di un gioielliere del diamond district, guardarsi indietro ora che è tutto finito, ora che la tempesta è passata lasciando la sua traccia di foglie strappate e di rami spezzati; ora che l’aria è pulita e l’ozono ci brucia gioiosamente i polmoni, guardarsi indietro con la saggezza con cui si può guardare solo il passato, è facile ora che solo una lieve brezza accarezza gli animi scompigliati.
“Non lasciarmi” – avrei voluto gridarlo – “non lasciarmi” – sussurrai invece, piano, forse troppo piano perché tu lo potessi sentire. Freddo, congelato nell’immobilità della trasformazione adiabatica del mio stupore che riempiva il tuo spazio ormai vuoto. Avrei potuto urlare, ma non mi avresti ugualmente sentito. Lui ti portava via da me, con le sue promesse di niente e il sorriso triste di chi sorride da solo.
“Non ti amo più, sono innamorata di lui.”
Parole semplici che segnano una linea di demarcazione netta e affilata, come una lama lucida e fredda che penetra la carne, trancia muscoli e tendini, separa la morte dalla vita, diritta e splendente si avvicina, in mezzo agli occhi, inesorabile, divide il mondo in due parti.
Terminus est.
Con lei, senza di lei. Ora esiste un prima e un dopo.
Parole che si fanno strada a fatica nella consapevolezza, messaggi elettrochimici di sinapsi riluttanti, come si può replicare a parole tanto nette e precise? Niente colpe gettate in faccia, recriminazioni, invettive. È tutto più semplice e freddo: “non ti amo più, sono innamorata di un altro”.
Ancora ieri mi scrivevi messaggi d’amore, ieri, nemmeno ventiquattr’ore sono passate e ora sono stato cancellato dal tuo orizzonte come un vecchio sole stanco oscurato da un nuovo astro splendente.
Inutili le domande, di molte conosco già le risposte, di altre non le conoscerò mai, perché nemmeno tu le conosci, perché è l’alchimia dell’amore, inattaccabile dal rasoio della logica.
Perché? Forse c’è un perché, ce ne sono milioni e nessuno. Perché due sguardi si attraggono? Perché una mano sfiora distratta e brucia la pelle lasciando un segno perenne? Perché? Forse la dinamica del caos potrebbe teorizzare risposte sul vorticoso rincorrersi delle molecole dell’amore.
Ma io, scosso dalla tempesta nell’oceano del sogno e duramente sbattuto sugli scogli della realtà, non potevo capire. Con forza mi sono aggrappato alla trama di un tessuto che si disfaceva fra le mani finché fra la dita sono rimasti solo dei fili strappati.
Li ho contemplati per anni, prima di aprire le mani e lasciarli volare via, in un soffio di vento.
Sonny O
[Altri quanti] – 2015
Bel racconto, bella riflessione malinconica. Il ritmo, la densità di metafore, lo fanno sembrare quasi una poesia.
Ho particolarmente apprezzato l’immagine finale: il tessuto sfilacciato che si disfa tra le dita. Tremendamente azzeccata anche la descrizione dell’uomo dal “sorriso triste di chi sorride da solo”, mi rimarrà a lungo in mente.
Grazie Lizzie. Hai ragione, questo racconto poteva andare nella sezione poesia. In effetti non ha una trama e dei personaggi, è una riflessione personale su accadimenti della vita.